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Lavoro e sindacato: la svolta totale per rimettere al centro i lavoratori

Il 2019 si è chiuso con 149 vertenze per crisi aziendali sul tavolo del Ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico con oltre 200 mila posti di lavoro a rischio. Un quadro allarmante che riguarda soprattutto il Sud Italia. Il caso Ilva, il colosso siderurgico che rischia di chiudere i battenti o, nella “migliore” delle ipotesi, di lasciare a casa circa 5000 lavoratori, rappresenta la punta dell’iceberg di una politica di governo che ha rinunciato a dotare l’Italia di un piano industriale e che non ha saputo puntare sulle grandi potenzialità produttive e di sviluppo del Mezzogiorno per creare nuovo lavoro e crescita per tutto il Paese. Dramma nel dramma, la crisi Ilva dimostra anche un’altra grave incapacità della politica di governo ovvero quella di salvaguardare l’ambiente, nell’epoca dei grandi sconvolgimenti climatici, e puntare su modelli di produzione ecosostenibili, evitando, così, che si debba scegliere tra diritto al lavoro e diritto alla salute e alla vita. Insieme con Ilva, tra le vertenze aperte, la Whirpool, che ha deciso di abbandonare il sito di via Argine, a Napoli, mettendo a rischio 420 lavoratori e ponendo fine ad una produzione eccellente, la crisi di Alitalia, per la quale, al massimo, si potrà adottare una soluzione tampone, incapace di rilanciare la compagnia aerea nazionale, l’incorporazione dei punti vendita Auchan in Conad, con la perdita di circa tremila posti di lavoro. Il problema fondamentale è che manca una strategia complessiva per tirare fuori l’Italia dalla stagnazione economica e il Sud dalla recessione. E’ questa la grande sfida che il Sindacato 2.0, ovvero un nuovo modello sindacale dei lavoratori e non dei sindacalisti, deve affrontare per contribuire a scelte imprenditoriali e di governo capaci di rilanciare l’economia e il lavoro in Italia. Il punto di partenza è la riduzione della pressione fiscale a carico delle famiglie e delle imprese. Nel Sud, in particolare, serve una svolta totale con la fiscalità di vantaggio, alla quale l’Unione Europea ha finalmente aperto, per trasformarlo in un’area territoriale attrattiva per gli investimenti e per far nascere nuove imprese. A seguire, lo snellimento burocratico e la semplificazione nella spesa dei fondi europei destinati alla coesione e allo sviluppo. E, poi, per restituire ai lavoratori un livello di diritti adeguato e insuperabile, una legge statale che disciplini il riconoscimento giuridico dei sindacati, la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese e l’accertamento della rappresentatività, nazionale, territoriale ed aziendale. Ciò per aprire la strada a contratti aziendali di qualità, capaci, nel quadro complessivo delle regole fissate dai contratti nazionali per le singole categorie, di elevare la quantità retributiva e la qualità delle condizioni di lavoro, ponendo fine alla squallida pratica dei “contratti gialli” ad opera di “sindacati di comodo”. Si tratta di  una  svolta totale per la quale devono lavorare in sinergia il sindacato e la politica, per riportare i lavoratori e il mondo del lavoro al centro dell’attenzione. La sfida è ardua, ma con qualità, passione e le persone giuste, può e deve essere vinta.
                                                                                                Gabriella Peluso

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