Nuove Socialità
Politica

Congressi di partito? Nomenclature predestinate!!

Congressi di partito? Nomenclature predestinate!!

di Vincenzo D’Anna*

Ci fu un tempo in cui i partiti politici erano una cosa seria, rappresentando lo strumento previsto dalla carta costituzionale per mediare richieste, bisogni e proposte tra popolo e Stato, fornire classe dirigente  di governo per il medesimo Oggi queste “aggregazioni” sono diventate null’altro che un sepolcro imbiancato, il simulacro di quelli che operavano nel secolo scorso, prima che la partitocrazia, ossia il potere smisurato delle segreterie politiche e delle opache pratiche di finanziamento che praticavano, non li precipitasse nel baratro della corruzione sistematica e del clientelismo elettorale. Parliamoci chiaro: non vogliamo raccontare storie edulcorate dalla nostalgia, quanto rimarcare come i difetti dei partiti di un tempo sopravvivano, sotto altre forme, anche ai giorni nostri, perché i clienti di mestiere continuano a fare gli elettori. Tuttavia la questione politico-organizzativa è ulteriormente decaduta, la vita democratica interna ai partiti è praticamente scomparsa, la selezione della classe dirigente – attraverso il voto dei delegati eletti dagli iscritti – è stata cancellata del tutto. Ai vertici dei partiti? Sono finite persone di cui il partito stesso ha poi preso il nome!! Tuttavia per dettato statutario, per poter ricevere i finanziamenti pubblici, la parola “democrazia” non è mai stata cassata del tutto dagli statuti di partito ancorché’ rimanga come una vuota e formale espressione. Nel contempo, gli organi dirigenziali dei partiti sono stati composti da gente cooptata dagli intestatari delle ditte oppure costituiti da vere e propri amici, affini, congiunti o familiari. Partiti e movimenti politici sono stati dunque trasformati in accolite esoteriche, con persone che si spacciano per dirigenti e che magari diventano pure ministri! Uomini che agiscono per mera appartenenza al “cerchio magico” del quale ciascun leader si circonda. In genere questa sottospecie di “partito” non è scalabile per via democratica, ossia per voto espresso al termine di un congresso vero e proprio. Mancano, per dirla tutta, i veri e propri elettori, ossia i delegati partecipanti al congresso che siano espressione dei territori. A soccorrere, questo andazzo, ecco arrivare una legge elettorale ibrida, ossia semi proporzionale e semi maggioritaria, attualmente in vigore nel nostro Paese. Una norma concepita perché siano i vertici del pseudo partito a scegliere perlopiù gli eleggibili in collegi elettorali sicuri o per occupare le posizioni di tedi testa nelle liste, quelle senza preferenze. Il combinato disposto di questa formula organizzativa dei partiti e della legge elettorale sostituisce sia la selezione interna dei dirigenti sia lo stesso voto degli iscritti e degli elettori. Nasce anche da queste circostanze la nostra attuale classe politica: impreparata, inesperta, ignorante ma fedele a chi l’ha indicata e l’ha fatta eleggere. Si spiega anche in tal modo come il Parlamento si sia trasformato in una specie di “votificio” di mozioni di fiducia apposte ai disegni di legge elaborati dal Consiglio dei Ministri e non dalle Camere. Una oratica che marginalizza il

potere legislativo del parlamento a vantaggio di quello del Governo. Una pratica divenuta frequente ben oltre, dunque, i precisi motivi di urgenza ed indifferibilità che dovrebbero connotare l’adozione di atti con tale procedura abbreviata. Allora veder scorrere, in queste ore, immagini di “congressi” che si celebrano tra amici, parenti, cortigiani, reggicoda e muti astanti, lascia a dir poco basiti! Costoro, infatti, si accingono ad eleggere, già prima di riunirsi (!), il candidato designato alla vigilia, senza uno straccio di contraddittorio, delegittimando gli iscritti, togliendo loro la funzione di scelta. Una pratica che ebbe inizio con la nascita di Forza Italia che in quanto partito-azienda, non poteva che avere il suo proprietario al vertice, ma anche con le cosiddette “primarie” escogitate dal partito Democratico per buttare giù qualcosa che somigliasse ai crismi della vera democrazia popolare. Una colossale scemenza che ha prodotto non pochi guai nel PD affidando al “primo che passa” la facoltà di scegliere la leadership. Gli altri? Più o meno fanno lo stesso, riempiendosi la bocca di parole come: libertà, partecipazione, programmi. Ed a proposito di “congressi” in corso d’opera: Matteo Salvini resterà fino al 2029 capo della Lega. Per l’azzurro Antonio Tajani vale più o meno lo stesso. Idem per il resto, da destra a sinistra. Ma quello che maggiormente colpisce chi ha vissuto ben altre epoche e pratiche politiche, è il sussiego e la solennità col quale si illustrano questi finti congressi. Di come si tengono “alati discorsi” intorno al commento della banale cronaca quotidiana degli eventi politici. Leader che si sentono legittimati da un mandato inesistente, come se avessero l’aura di un Alcide De Gasperi che parla davanti alla Società delle Nazioni!! Consiste in questo il divario tra quello che aveva costrutto politico un tempo e questo che sembra una réclame ad uso delle nomenclature. Tutti predestinati e giammai eletti.

 

*già parlamentare

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