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A MELITO C’È UN “TOTÒ” CHE CERCA CASA E STAVOLTA GUARDA A …DESTRA

Marcello Curzio

Fallito, in parte, l’assalto alle liste “zuppone” delle liste di Vicienz ‘a funtana, alias VIncenzo De Luca governatore della Campania, ecco di nuovo in campo gli “ebrei erranti” del trasformismo politico melitese. Perennemente in campo come avvoltoi. E, con una clamorosa e camaleontica inversione ad U,  stavolta pronti a guardare a destra, nella fattispecie a Fratelli d’Italia, pur di avere un’agognata candidatura al consiglio regionale della Campania.

Per ora, il tentativo è in stand by anche se, a quanto sembra, ci sarebbe l’ok di un ex consigliere della Campania, in gioventù rautiana, che appoggerebbe il progetto trasformistico dei signori della politica bislacca melitese in cambio di un ticket elettorale con la figlia, pure lei candidata al parlamentino del Centro Direzionale a Napoli.

Non so se questa trattativa andrà in porto. Personalmente, mi auguro che la stessa Giorgia Meloni o i suoi più fidati collaboratori, intervengano al più presto per stoppare questa iniziativa. Che offenderebbe la militanza di tanti melitesi che hanno scelto di fare politica in Fdi quando le percentuali del partito erano da prefisso telefonico.

Lo dico a chiare lettere:  non sopporto l’idea che la destra sociale nella nostra città sia questa roba qua: cafona, rancorosa, primitiva, bislacca. Non sopporto l’idea che a Melito la destra sia roba da bar, da chiacchiere senza senso e senza costrutto e da persone che hanno cambiato più partiti che calzini. E non sopporto nemmeno quel paventato nepotismo da accoppiata elettorale, alias ticket, che prende in giro soprattutto chi vota gli eredi della fiamma almirantiana. Inutile, non mi adeguo. E so che, come me, ci sono tanti melitesi ( e non solo) che vorrebbero una destra diversa: autenticamente sociale, realista, vicina alla Melito che soffre. Solidale. Colta. Una destra che non ostenta “faraoni”, nani, pupari e burattini, che non fa la faccia cattiva e bislacca per nascondere il suo vuoto di contenuti. Lo so che esistono tanti come che vorrebbero una buona destra capace di accettare ed esaltare la complessità della società contemporanea, capace di prendere decisioni senza appellarsi ai rigurgiti culturali di una feccia minoritaria ma rumorosa. Questa gente esiste. Questa voglia di una destra pulita, corretta, senza squallide sceneggiate in diretta Facebook, esiste ed è forte. Quel che non esiste, purtroppo, è una classe dirigente in grado di dare risposte a questa esigenza. Non esiste una élite in grado di accettare la sfida di costruire con tanta calma e altrettanta fatica una destra autenticamente sociale e popolare. Forse non potrebbe essere altrimenti dopo la tragedia di una destra corrotta da quella vulgata berlusconiana che, inutile negarlo, è stata la scintilla politica di tutti i populismi di questo inizio millennio. Ma tant’è, la battaglia è sempre lì, la trincea è lì. E la sfida è sempre la stessa: riuscire a dare voce a un’Italia che soffre e che il Covid 19 l’ha definitivamente affossata. Anche da destra. Ad un’ Italia che vorrebbe tornare a essere orgogliosa di sé stessa senza dover salutare i propri figli costretti a emigrare per costruirsi un destino migliore. A un’Italia che sa benissimo che per diventare grande ha bisogno di uno Stato che investa di più e spenda di meno. Altrimenti, la Destra a Melito (come altrove) si avvia a diventare politicamente il proprio fantasma, continuando ad imbarcare la feccia del trasformismo. In barba, paradossalmente, a quanto predica nei talk show televisivi la stessa Giorgia Meloni.

Marcello  Curzio