IL NUOVO MODELLO DI CONTRATTAZIONE. PIU’ FORZA ALLA CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO E QUELLA AZIENDALE
Già alla fine degli anni ’50, appariva chiaro che bisognava abbandonare la contrattazione centralista e puntare sulla centralità dell’azienda e del territorio, spostando verso di essa la contrattazione. Nel luogo di lavoro si crea lavoro e ricchezza e, quindi, cresce il benessere sociale ed economico dell’intera Nazione. La contrattazione deve svolgersi, quindi, sul piano territoriale, nel luogo di lavoro per migliorare la condizione dei lavoratori e favorire lo sviluppo economico di cui i lavoratori sono il motore. Invece si è scelta la strada della centralizzazione della contrattazione, con la quale si disciplina l’ordinamento giuridico ed economico del rapporto di lavoro lasciando poco o nulla alla contrattazione territoriale. Un disegno voluto dalle maggiori Confederazioni Nazionali dei sindacati dei lavoratori, ma anche delle multinazionali, per tenere ben stretto il potere verticistico di una piramide che si sostiene sui lavoratori e sui piccoli imprenditori i quali, negli anni, hanno perso tutto il potere decisionale. Il contratto nazionale dovrebbe, invece, essere una “cornice” contenente le norme generali del rapporto di lavoro di comparto e la retribuzione minima uguale in tutta Italia. Tutto il resto va lasciata alla contrattazione di secondo livello. Una contrattazione che terrebbe conto delle potenzialità delle aziende, della loro capacità professionale e della sicurezza dei lavoratori. Con questo nuovo modello di contrattazione, che privilegia il territorio e le categorie, e con la partecipazione alla gestione delle imprese, si potrebbe dare vita ad una nuova sinergia tra i lavoratori e i datori di lavoro che darebbe slancio all’economia e al lavoro. In tale contesto, si inserisce un nuovo modello sindacale, non più verticistico, ma territoriale e trasparente, capace di dare un vero contributo alla rinascita economica e sociale del mondo del lavorio e dell’Italia. L’attuale sistema, invece, ha favorito l’appiattimento del mondo del lavoro penalizzando la meritocrazia e la professionalità e contribuendo alla depressione dell’economia industriale Italiana, che è divenuta sempre meno competitiva sul piano europeo ed internazionale. Cambiare si può, bisogna solo ritrovare la volontà e il coraggio e non è poco, purtroppo.
Salvatore Ronghi