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CNAL: MARINO, SVILUPPO E LAVORO PER BATTERE LA NDRANGHETA

Oggi conosciamo il parere di Sergio Enrico Maria Marino di Reggio Calabria, Segretario Confederale CNAL e Coordinatore della Regione Calabria. Da poco indicato dalla CNAL quale Vice Presidente dell’Organismo Paritetico Nazionale.

La CNAL ha detto si al ponte sullo stretto, quali altri interventi servono alla Calabria?

R) “La Calabria soffre da decenni di una seria carenza di infrastrutture che ha contribuito a rallentarne lo sviluppo non solo industriale ma anche turistico. Sicuramente il Ponte sullo Stretto sarebbe un’opera tale da rilanciare l’area metropolitana dello Stretto, ricongiungendo due città, e due provincie, Messina e Reggio Calabria, che vivono oggi una congiuntura economico sociale del tutto similare (e purtroppo negativa). Ma andrebbero risolte altre criticità, a partire dall’alta velocità ferroviaria, che si ferma a Salerno, passando per il sistema aereoportuale, oggi tutto incentrato sullo scalo di Lamezia terme, fino ad arrivare alla “famigerata” 106 Jonica, una strada statale che da Reggio risale fino al confine con la Basilicata e con la Puglia, ferma ancora ad una sola carreggiata e peraltro accompagnata da una linea ferroviaria con un solo binario. La Calabria è stata colpevolmente isolata dal resto d’Italia e dell’Europa e gli è stato anche negato il ruolo di principale porto del Mediterraneo cui storicamente e naturalmente era votata: basti pensare al grande porto di Gioia Tauro e al mancato sviluppo del suo entroterra. Da qui la proposta di una ZES estesa ad aree strategiche della nostra regione per attrarre investimenti e sviluppo”.

Molti a Roma sostengono che investire in Calabria non si può, troppa criminalità?

R) “Anche nel discorso di insediamento di Draghi c’è un qualche riferimento a questo “mito” da sfatare. Nessuno nega che la criminalità organizzata in Calabria costituisca un problema serio, ma va compreso che il problema è ormai nazionale: la Ndrangheta ha dimostrato di aver allungato le mani su altre regioni italiane ed europee ed è oggi una delle organizzazioni criminali più potenti e più ricche del mondo. Qui il problema andrebbe affrontato in termini diversi da quelli attuali: ben vengano i maxi processi ma purtroppo i tempi della Giustizia non corrispondono a quelli della vita economica e sociale. La criminalità organizzata cresce dove lo Stato manca, dove falliscono le politiche di sviluppo, dove il cittadino non ha certezza dei propri diritti. Ma “più Stato” non deve tradursi in una “occupazione militare” o in una serie di misure che contribuiscono ad impoverire ulteriormente una Regione col più basso reddito pro capite in Europa. Affrancarsi dalla Ndrangheta si può solo se si restituisce ai cittadini la dignità di un lavoro onesto e la possibilità di accedere ai servizi come in qualsiasi altra parte del nostro Paese. Serve dunque una seria riforma della Giustizia, per abbreviare i tempi dei processi e garantire certezza delle pene, e bisogna ripensare ad alcuni strumenti, oggi troppo abusati, come il sequestro e la confisca di beni ed aziende, che si sono dimostrati non solo inutili nel combattere il fenomeno mafioso ma addirittura dannosi perché hanno consegnato tanti lavoratori onesti all’insicurezza e all’impoverimento economico e sociale. Quindi investire in Calabria non solo si può ma addirittura si deve proprio per combattere la criminalità”.

Come è stata accolta la confederazione CNAL in Calabria?

R) “In Calabria da circa un paio di anni abbiamo dato vita alla Cnal Regionale, con l’intento di aggregare una interessante galassia di sindacati autonomi che operano in vari settori, dalla Sanità alla Pubblica Amministrazione, passando per l’industria ed il commercio. Abbiamo fin da subito sposato e fatto nostre delle grandi battaglie per la legalità, iniziando dalla Sanità pubblica, vera chimera della nostra Regione. Abbiamo senza paura denunciato pubblicamente il malaffare, il malcostume di una gestione a dir poco “allegra” e clientelare. Abbiamo anticipato lo scenario devastante e devastato delle Aziende Sanitarie, che poi è arrivato alle cronache nazionali per la pandemia in corso, sostenendo con forza che il diritto alla salute rimane una responsabilità dello Stato e che per questo va rivista la riforma che ne ha attribuito le competenze alle regioni: vogliamo una sola sanità nazionale, pubblica e funzionante allo stesso modo dalla Calabria alla Lombardia. La nostra libertà di pensiero e la nostra coerenza ci ha garantito la simpatia di tanti lavoratori, che oggi guardano alla nostra realtà sindacale con aspettative sempre più alte: cercheremo di non deluderli distinguendo la nostra “azione” secondo le linee direttive dell’ultimo Congresso Nazionale in cui è stato rilanciato “il sindacato dei lavoratori e non dei sindacalisti”.